a proposito del Meeting, e di CL

a proposito del Meeting, e di CL


Comincio con la faccenda della statua della Madonna coperta, perché è l’episodio che meglio dice il senso di questo Meeting 2016.

I fatti sono noti: al Meeting di Rimini, una signora dello stand della casa editrice Shalom avrebbe dovuto togliere alcune immagini sacre e coprire una statua della Madonna, in bella vista dentro lo stand stesso, dietro richiesta, presumibilmente, di qualcuno dello staff del Meeting. Intervista alla signora, stand e statua rigorosamente riportati in un video sul sito di Repubblica, immediatamente diffuso a tappeto su social, chat e telefonini, suscitando furibonde proteste nei confronti del Meeting che, il giorno dopo, ha smentito di essere l’autore della presunta censura.

Dallo stand svaniscono statua e signora, e nel frattempo nei padiglioni del Meeting si materializza un visitatore con tanto di statua di Madonna nello zaino, in evidente e significativa risposta a tutta la faccenda.

Non si capisce effettivamente cosa sia successo: da una parte c’è la smentita del Meeting, insieme al fatto che le immagini sacre di certo al Meeting non mancano (che senso avrebbe toglierne solo qualcuna?). Ma è difficile che la signora di Shalom si sia inventata completamente tutto, e la sua “scomparsa” non aiuta a chiarire. E poi pesa il precedente dell’anno scorso, quando fu cancellato un incontro sul gender allo stand dei domenicani (che quest’anno non sono presenti).

La vera questione, però, non è tanto ricostruire esattamente l’accaduto. La vera questione è che fino a qualche anno fa questa notizia non ci sarebbe stata.

Se un giornalista di Repubblica dieci anni fa avesse visto al Meeting una statua coperta in uno stand, anche fosse stata una statua della Madonna, non ne avrebbe mai fatto un video, perché mai gli sarebbe venuto in mente che in un evento pubblico di ciellini qualcuno avesse potuto pensare di nasconderla.

Sarebbe stato come dire di nascondere la corona del rosario durante un pellegrinaggio a Lourdes.

Adesso, invece, è plausibile che possa essere successo, tanto che il giornalista di Repubblica ha notato la statua coperta ed è andato a colpo sicuro, dandole il significato che riteneva più probabile e “notiziabile” in quel contesto.

Probabile, mentre dieci anni fa sarebbe successo piuttosto il contrario: in un evento pubblico di cattolici si chiede di non ostentare immagini sacre, e per tutta risposta alcuni di CL si presentano con statue di santi e madonne negli zaini.

E "notiziabile", perché è la plateale conferma, anche per i più distratti, della mutazione genetica di CL (copyright mio), ed è questo il vero evento (e la notizia) del Meeting 2016: la compiuta, totale metamorfosi di CL, pubblicamente sancita dalla intervista a Carron di oggi al Corriere, confermata da quelle a contorno di Vittadini, e anche dagli organizzatori del Meeting.

Una mutazione che si accompagna ad una continua, ossessiva e pervasiva “damnatio memoriae” della storia di CL: secondo la vulgata capillarmente e sapientemente diffusa in questi anni, “prima” in CL prevaleva un’anima ideologica, con tanto di “truppe cammellate”, dove si faceva militanza a fini di egemonia, per il potere, e dove non c’era spazio per la libertà personale. Chiaramente tutto questo contro l’impostazione del fondatore, Don Giussani, che ci avrebbe redarguito e ripreso, ma inutilmente. In pratica il Gius ha parlato da solo per decenni, secondo questa vulgata. “Poi” invece, eccoci qua a recuperare l’antico carisma, duri e puri e totalmente dediti a testimoniare, ognuno per conto suo. Tirando le conseguenze della suddetta vulgata, quindi, Carron è riuscito laddove Giussani avrebbe fallito.

Un “prima” che, man mano che passa il tempo, si fa risalire sempre a “più prima”, sempre più indietro negli anni, addirittura ai ’70 (e quando sarebbe stata la purezza delle origini? Boh!). Un “poi” che coincide con il nuovo, attuale corso carroniano.

Con questo Meeting la transizione è compiuta e CL torna all’ovile – secondo gli attuali dirigenti del movimento – o meglio – secondo tutti gli altri, osservatori e ciellini sempre più sconcertati - abbiamo la CL ogm, quella geneticamente modificata rispetto all’originale, accuratamente documentata, non a caso, dal Corriere (la voce del padrone), ma lietamente confermata da tutta la grande stampa.

Da leggere per primo un pezzo a firma Di Vico, del 19 agosto, “Comunione e Liberazione. Il meeting e i segnali della svolta”, dove viene serenamente spiegato che “Don Julian Carron, il successore di Don Giussani, sta pilotando con sicurezza un profondo cambiamento di pelle di Comunione e Liberazione” dove “ponti, cuciture e dialogo sono le parole del momento” (o anche “toppe”, suggerirei sommessamente per rendere meglio l’idea).

E oggi, sancita definitivamente nell’intervista a Carron, con il passaggio importante “Abbiamo riportato al primo posto la pertinenza della fede alle esigenze della vita. Preferisco la testimonianza alla militanza”. Confermata la damnatio memoriae di cui sopra (se è stata “riportata” vuol dire che qualcuno l’aveva portata via), con quella espressione che una volta, nella CL originale, avremmo immediatamente individuato come “l’ombra perfida del distinguo”. Distinguere testimonianza da militanza significa, nella CL ogm, che non si può più dire “noi”, né all’interno della comunità ma soprattutto nello spazio pubblico, dove ogni forma di presenza comune e identitaria viene, nella migliore delle ipotesi, vista con sospetto, ma molto più spesso letteralmente bandita, spacciata come bieca “militanza”.

E la conferma della mutazione compiuta sarebbe dimostrata dallo stesso popolo di CL, da quei giovani che prima erano la fiera dimostrazione della fresca originalità del movimento: ieri su Repubblica, oggi sul Corriere, interviste sparse al Meeting mostrano che, finalmente, i giovani ciellini non hanno più un giudizio comune su tutto, per esempio sul prossimo referendum sulle riforme costituzionali.

Presenza pubblica e giudizio comune sono infatti strettamente collegati: si dice “noi” se c’è qualcosa da dire, un giudizio che condividiamo. Altrimenti ciascuno dice la sua opinione (non giudizio) personale, come tutti. Come succede adesso.

E’ bene ricordare che con queste premesse CL non sarebbe mai nata.

Don Giussani ci raccontava sempre che all’inizio del suo insegnamento al Berchet, incontrò dei ragazzi a cui chiese : “Siete cristiani?” alla loro risposta affermativa, chiese loro: “ma a scuola chi si accorge che lo siete?”. La settimana dopo lo stesso gruppetto intervenne in una assemblea scolastica iniziando così: “noi cattolici….”. CL è tutta qua.

La crescita personale avveniva attraverso l’appartenenza alla comunità, e quindi alla Chiesa tutta, e il metodo era quello del paragone di tutta la realtà con la proposta cristiana, e quindi del giudizio che si elaborava insieme, su tutto, e che non poteva che essere pubblico, perché pubblicamente ponevamo e proponevamo Cristo integralmente, come risposta a tutto. Ci riconoscevano ovunque, perché in ogni nostra esperienza eravamo visibilmente uniti.

Adesso tutto questo è rubricato come “militanza”, con chiara accezione negativa.

E cosa accade al popolo di CL?

Tanti se ne sono andati, con grande amarezza. Altri restano, pur consapevoli di quel che sta succedendo, perché non riescono a reggere uno strappo con gli amici di una vita. Altri ancora invece si sono adattati, perché bisogna pur vivere, e farlo da soli è difficile.

Ci sono poi ovviamente quelli convinti del nuovo corso (come quelli intervistati), che giudicano migliore. E invitano tutti gli altri, che hanno dubbi o che non condividono, ad andarsene, con un sospiro di sollievo quando questo accade. Triste, ma vero.

Nella storia della Chiesa molti movimenti si sono spenti dopo la morte del fondatore. Molti altri sono sopravvissuti grazie a scissioni, gemmazioni, nascita di nuove realtà: basti pensare ai francescani, tanto per dirne uno che adesso pare vada per la maggiore (minori, conventuali, cappuccini, per gli ordini maschili, che fanno parte della più ampia famiglia francescana).

Vedremo cosa ne sarà di CL. Sicuramente quel nome non indica più il movimento che abbiamo conosciuto fino a qualche anno fa.