21 Maggio Se tutto è “sostegno vitale” il suicidio diventa routine
La legge sul suicidio assistito in discussione in Parlamento deve attenersi rigorosamente ai limiti stabiliti dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale, se vogliamo evitare che la morte su richiesta diventi una delle opzioni offerte dal Servizio sanitario nazionale a chiunque, come purtroppo sta avvenendo nei Paesi in cui eutanasia e suicidio assistito sono legali e sempre più malati, disabili e anziani vi ricorrono.
E se da un lato la proposta di legge attualmente in esame al Senato (e già approvata alla Camera) supera abbondantemente i confini stabiliti dalla Consulta, e richiede quindi una profonda revisione, dall’altro alcuni casi che stanno emergendo in Italia indicano la stessa tendenza ad ampliare l’accesso alla morte su richiesta, generalizzandola a chiunque non sia autosufficiente. Il riferimento è alla richiesta di accesso al suicidio assistito di Fabio Ridolfi, marchigiano, 46 anni, tetraplegico da 18, che ha deciso di rendere pubbliche identità e condizioni cliniche. Per continuare a leggere il mio editoriale su Avvenire, clicca qui.