convulsioni politiche

convulsioni politiche


Non finiranno tanto presto le convulsioni politiche del paese, e i guai non mancano a nessuno.  

Nell’ordine: nel Pd si naviga fra le macerie, a vista. Domani avremo un’idea dell’aria che tira, all’assemblea del partito, dove Renzi si prepara alle primarie della prossima primavera e, sottinteso, alle elezioni, che lui vorrebbe quanto prima. Vedremo se ci saranno veri competitor, per esempio Michele Emiliano, il governatore della Puglia, o se la concorrenza a Renzi sarà finta, per esempio con Enrico Rossi, governatore della Toscana, o deboluccia, con Roberto Speranza, ex capogruppo Pd alla camera.

I 5stelle scoprono l’ebbrezza del governare. Il loro problema è evidente: a Roma hanno dovuto prendere gente come la Muraro e Marra, che avevano già fatto parte delle passate amministrazioni, perché non hanno dirigenza politica propria. Per governare devi essere in grado di “far girare la macchina”, e quella di Roma è complicata: devi avere chi conosce a fondo i meccanismi dell’amministrazione, le procedure, gli ambienti, tutta roba che non si improvvisa. Si chiama classe dirigente. Non si materializza con un blog, e tantomeno con le votazioni on line su curriculum mandati per e-mail. Ci vogliono anni di esperienza di governo, di organizzazione, soprattutto di visione politica: ci vuole un partito. E i 5stelle non lo sono. A Torino, l’altra grande città dei 5stelle, la situazione non è paragonabile a Roma: la Appendino ha tutta un’altra storia e un’altra situazione. Ha ereditato una “macchina comunale” che funzionava, e lei non partiva da zero, ma bene immersa nell’ambiente della Torino che conta. Quel che sta accadendo a Roma potrebbe rassomigliare molto a quel che accadrebbe se i 5stelle governassero il paese, cosa che, visti i sondaggi, non tranquillizza.

E il centro-destra? Non pervenuto. Stefano Parisi non è più all’orizzonte, Salvini non si regge proprio più, la Meloni va per conto suo e poi ci sono tante piccole realtà sparse, da quelli di Fitto a Idea di Quagliariello e Roccella, tanto per dire i due più conosciuti. Resta Berlusconi, che non è più proponibile come leader. Pare proprio che non si riesca a trovare il verso di riunire questo schieramento sotto quell’unico ombrello che consentirebbe di costruire l’alternativa agli altri due (Pd e M5S). 

Per non parlare del pasticcio della Fedeli all’istruzione – ma se fosse successo con uno di destra, cosa gli avrebbero fatto? – dell’autosospensione di Sala da sindaco a Milano, e chi più ne ha più ne metta.

Per ora sappiamo che due date saranno decisive per le sorti future: l’11 e il 24 gennaio, quando la Corte Costituzionale si pronuncerà, rispettivamente, sulla ammissibilità del referendum sul Jobs Act, e sull’Italicum, il sistema elettorale voluto da Renzi. Il pronunciamento della Consulta sull'italicum influenzerà la successiva scelta del sistema elettorale, il quale, a sua volta, determinerà alleanze e schieramenti alle elezioni. Quando la politica annaspa sono i giudici a decidere le sorti del paese, e anche questo non è certo un buon segno. Vedremo.