Chiude la Tavistock – UNO

Chiude la Tavistock – UNO

E adesso cominciamo a farci qualche domanda in Italia, oppure continua il silenzio sui trattamenti per i minori in transizione, per disforia di genere?
(ANSA) – LONDRA, 28 LUG – Il sistema sanitario nazionale britannico (Nhs) ha annunciato oggi la chiusura dell’unico centro medico pubblico del Regno Unito riservato esclusivamente ai problemi di genere sessuale fra i bambini e i ragazzi sotto i 17 anni di età.
Il Tavistock and Portman NHS Foundation Trust, inaugurato fra i primi al mondo in questo ambito nel 1989, cesserà di operare dalla primavera del 2023, sulle base delle raccomandazioni di un rapporto uscito di recente; e le sue competenze saranno in parte trasferite a centri regionali incaricati d’occuparsi in modo più ampio di tutti i problemi legati alla salute e alle “esigenze olistiche” dei minori.
Il rapporto, redatto nel quadro di un’inchiesta indipendente affidata dal governo Tory a un team di esperti guidato dalla dottoressa Hilary Cass, luminare della pediatria inglese, aveva preso le mosse da una serie di denunce e perplessità sul modus operandi del centro avviato ora alla chiusura. Il cui staff era stato accusato di aver adottato un atteggiamento lassista, se non proprio ispirato a meccanismi d’incoraggiamento indiscriminato, verso la prospettiva di una transizione di genere sessuale anche di fronte a casi embrionali di malessere o d’incertezza di giovanissimi rispetto alla loro identità. Una polemica alimentata da una parte del mondo medico, da esponenti politici conservatori, da ambienti religiosi, mediatici e intellettuali e da alcuni settori del femminismo britannico; e rigettata invece quasi come una caccia alle streghe da sigle dell’attivismo transgender e Lgbt+ come da altri ambienti scientifici.
Tra i casi che avevano alimentato le contestazioni, spicca quello recente di Kierra Bell, ex paziente di Tavistock , la quale ha avviato un’azione legale contro il centro sostenendo di non aver ricevuto alcuna indicazione di cautela o aiuto a riflettere quando, a 16 anni, aveva chiesto e ottenuto d’iniziare ad assumere farmaci nell’ambito di un doloroso percorso di transizione ormonale da femmina a maschio di cui poi si è pentita. Alla fine la commissione Cass ha reso noto di non avere raccolto “evidenze conclusive” né a favore né contro i metodi della struttura; ma di aver comunque rilevato un’ingiustificata prevalenza di trattamenti di pazienti in transizione dal genere femminile a quello maschile e anche di giovani autistici. Incongruenze che l’hanno spinta a sostenere la necessità di trasferire questi delicati dossier a realtà sanitarie diverse: in grado sperabilmente di fornire un’assistenza più generale, “più utile e più efficace”. (ANSA).