13 Febbraio Carron e le stragi di Parigi
Oggi su Il Corriere della Sera leggiamo una riflessione di Carròn sulle stragi francesi di un mese fa.
Un giudizio interessante, il suo, maturato in questo periodo di silenzio, un silenzio che quindi non voleva evitare un “giudizio a priori” (come se un suo giudizio pubblico impedisse una posizione personale di ciascuno di noi, ci trattenesse dal dire “io”, come scrive invece un lettore di Chioggia su Tracce di febbraio), ma anzi, forse anche dovuto a quello che giustamente Carròn descrive come “un contraccolpo di smarrimento o paura”, che “nessuno ha potuto evitare”, dopo le stragi francesi, e anche dopo i fatti tremendi che stanno ancora succedendo (è di oggi la notizia della conquista di Sirte, in Libia, da parte dell’Isis: sono arrivati letteralmente davanti casa nostra).
La chiave di lettura proposta da Carròn parte da un’osservazione: gli esecutori delle stragi non erano stranieri ma cittadini francesi, immigrati di seconda generazione. Analogamente, molti giovani lasciano l’Europa e vanno a combattere nelle fila dei terroristi dell’Isis. Sono il risultato di un “vuoto corrosivo” un “nulla dilagante”, e la scommessa è rispondere a questa situazione a partire da qui, dall’Europa, dalla testimonianza dei cristiani d’Europa.
Un “vuoto corrosivo” esito della scristianizzazione del nostro continente: quante volte Giovanni Paolo II ha chiesto invano di inserire le radici giudaico cristiane nel preambolo della costituzione europea! Ricordiamo che fu la Francia ad opporsi più fortemente, quella Francia che adesso vede la sconfitta della sua idea di “laicité”, affogata nel sangue delle stragi di un mese fa. Interessante a proposito questo pezzo di Meotti, “I fiori del male”, che parla di Bruxelles, capitale del Belgio e “capitale dei suicidi e del jihad, dove il cristianesimo si sta spegnendo e a un gaio nichilismo subentra l’islam”.
Sarebbe utile adesso un confronto con la laicità americana, quella in cui tutti i discorsi del Presidente, Obama compreso, terminano con “God bless America”
Ma c’è di più.
Le stragi di Francia di vignettisti ed ebrei e, a seguire, il pilota giordano arso vivo, con tanto di video proiettato nelle piazze, riescono a superare gli atti stessi dei nazisti, i quali comunque tenevano nascoste le atrocità dei campi di sterminio, e tentarono addirittura di distruggerne le prove. Neppure Hitler ha mai cercato di farsi pubblicità con le crudeltà inflitte agli ebrei. E, in aggiunta, se a questi islamici terroristi e fondamentalisti delle stragi e dei roghi si oppongono quelli “moderati” che ne chiedono la crocifissione e l’amputazione degli arti, allora si smonta anche la storia dello scontro interno fra "estremisti" e "moderati": vogliamo forse scegliere fra croce e fiamme?
Quello che è in gioco ce lo ha spiegato bene Benedetto XVI nel suo discorso di Ratisbona, quando, in buona sintesi, diceva che la verità deve essere ragionevole.
Una verità senza ragione – come quella che si pretende essere scritta nel Corano, da accettare perché dettata direttamente da Allah – è di per sé violenta, non può che esserlo. Questo è IL problema intrinseco all’Islam, di cui gli islamici devono prendere consapevolezza, a cui devono guardare in faccia. E noi con loro, senza false scorciatoie buoniste o politicamente corrette.
E per questo la nostra testimonianza di cristiani è innanzitutto quella della ragionevolezza della verità che abbiamo incontrato. “Rendete ragione della speranza che è in voi”, scriveva S. Pietro nella sua prima lettera, quando si rivolgeva a un gruppo di cristiani che erano minoranza in un ambiente ostile e pagano, in Asia Minore.
Nella nostra storia, di CL, ci sono sempre stati indicate persone, gruppi di amici che hanno reso ragione pubblicamente della verità incontrata.
Come ad esempio i ragazzi della Rosa Bianca, ai quali non è bastata una testimonianza personale nella vita quotidiana, ma che insieme hanno addirittura affrontato Hitler nel giudizio pubblico con sei volantini, che incitavano alla resistenza contro il dittatore nazista chiedendo libertà per il popolo tedesco, e tutto questo l’hanno pagato con la vita.
La mostra al Meeting dei ragazzi della Rosa Bianca ha fatto il giro d’Italia, giustamente, perché non era un tentativo ideologico il loro, ma la necessità di affermare insieme e pubblicamente la verità, una verità vissuta nell’esperienza di un’amicizia basata sulla fede cristiana.
“Volti di un’amicizia” era il sottotitolo della mostra, che spiegava “La Rosa Bianca non è innanzitutto un gruppo di resistenza, quanto piuttosto un gruppo di persone unite da una profonda amicizia”; un’amicizia descritta da uno di loro così: “gioiresti di questi volti, se tu li potessi vedere. L’energia che uno dedica a quei rapporti rifluisce tutta intera nel proprio cuore”; un’amicizia che faceva concludere così il loro quarto volantino: “Noi non taceremo, noi siamo la voce della vostra cattiva coscienza; la Rosa Bianca non vi darà pace”.
Ci torneremo su.